“Io non ho fatto nulla”: omicidi e ossessioni di Maurizio Minghella, il 'mostro di Genova'

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“Io non ho fatto nulla”: omicidi e ossessioni di Maurizio Minghella, il 'mostro di Genova'
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Dieci omicidi brutali, tra sangue e violenza sessuale. Un serial killer schiavo delle sue pulsioni, senza rimorsi e senza pentimenti ...

Violenza, brutalità, pulsioni. Un'evidente componente sadico-sessuale, ma anche l'ossessione per il sangue. Il bulletto di periferia, il pugile, il ballerino scatenato.rientra nell’elenco dei più prolifici assassini seriali italiani, con dieci omicidi inframezzati da quasi vent’anni di carcere. Ma è probabile che abbia taciuto su altri episodi, su altre morti di cui è responsabile.

Anni difficili, sia in famiglia che a scuola. Maurizio Minghella non riesce a superare la seconda elementare e mostra i primi: è manesco, è pericoloso. Lasciati gli studi, inizia a lavorare come piastrellista, ma soprattutto inizia a rubare. La sua specialità sono auto e moto, in particolare le Fiat 500 e le Fiat 850, ovvero quelle che sa guidare meglio., frequentando tutte le balere del genovese. Il primo soprannome è “”, in onore del suo idolo John Travolta.

, morta nel luglio del 1978. Anche lei strangolata e sodomizzata, ma il suo caso viene ritenuto impossibile da ricostruire con elementi oggettivi.Recluso nel carcere di massima sicurezza di Porto Azzurro, Maurizio Minghella presenta istanza di semilibertà grazie al supporto di don Gallo, in prima linea per concedergli una seconda possibilità. Detenuto modello, diventa falegname e inizia a farsi conoscere come lavoratore serio e puntuale.

nei luoghi dei delitti e altre prove significative, a partire dalle tracce di peridotite sulla suola delle sue scarpe. Senza dimenticare il modus operandi e gli orari dei delitti, tutti compatibili con il regime di semilibertà.il 7 marzo del 2001. Nella sua abitazione vengono trovati i cellulari delle vittime con il numero di matricola delle Sim cancellato. In particolare il serial killer aveva regalato il telefonino della Motoc alla sua compagna come, la sua replica alle accuse.

Maurizio Minghella inizia uno sciopero della fame, ma le indagini confermano la tesi sempre di più. Non haper gli omicidi, anzi: in alcuni giorni si è assentato dal lavoro o si è dato malato, tornando in carcere all’ultimo minuto. Il genovese professa la sua innocenza, ma allo stesso tempo prova due volte l’. La prima nella primavera del 2001, attraverso un locale della lavanderia del carcere delle Vallette di Torino, arrivando al primo muro di cinta.

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