Il nuovo “modello Amsterdam” si fonda sulla condivisione delle strade Il comparto ciclabile non è più concepito come un elemento a sé stante, un corridoio separato, ma è integrato nello spazio pubblico condiviso | greenkiesta_lk
Subito dopo i draghi e gli unicorni, nella lista delle creature inesistenti che popolano il nostro immaginario c’è lei: la cultura innata della bici. Quella che,, in alcuni luoghi non potrà mai mettere radici, mentre altrove è parte da sempre dell’essenza di un popolo. In realtà non esistono propensioni intrinseche verso i mezzi a due ruote, ma esistono invece politiche pubbliche che nell’arco di decenni cambiano, anche radicalmente, il modo in cui le persone si spostano.
Quali scelte hanno reso Amsterdam e il resto dei Paesi Bassi ciò che sono oggi, e quando? Come funziona il «modello olandese» della mobilità? In che modo sta già cambiando? E cosa può imparare l’Italia? A rispondere a queste domande sono Matteo Jarre e Mariapaola Ritrovato, consulenti di Decisio, istituto di ricerca e consulenza con sede ad Amsterdam e a Torino specializzato in analisi territoriali per la ciclabilità e pianificazione della mobilità attiva.
: nascono tantissime bike lane, le piste ciclabili separate dal traffico solo da una linea di vernice tracciata sull’asfalto. Col tempo, gradualmente, questa prima decisione politica esplicita si è trasformata in un approccio più consapevole al tema della mobilità, supportato continuamente da altre scelte politiche altrettanto esplicite. Oggi nei Paesi Bassi ci sono circa 35.
«Quando si confrontano i dati di Italia e Paesi Bassi, la percentuale di utilizzo è abbastanza simile: il quindici-venti per cento dei viaggi viene fatto con il trasporto pubblico», spiega Jarre. C’è però una differenza significativa per quanto riguarda le distanze percorse con autobus, metro, treni locali o tram: «In Italia sono due-tre chilometri. Di fatto bici e trasporto pubblico competono e si rubano utenti a vicenda.
«C’è un bisogno di qualità dello spazio pubblico che porta a rimodernare continuamente il concetto di strada», aggiunge Jarre. «Se avessimo una casa di centro metri quadri – la nostra città – non vorremmo mai novanta metri quadri di corridoio, uno spazio sprecato che serve solo per andare da una parte all’altra.
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